lunedì 4 febbraio 2008

Da Daniele De Michele

Uscivamo spesso dall'auletta occupata per andare nella stanzetta di Mauro Mellano. Nostra riserva apache in una facoltà che sfornava nuove tragiche classi di dirigenti ultraliberali. Mauro, era minatore di umanità e sapeva, al contrario di baroni, politici e industriali, che non si gambizza senza ascoltarla una generazione con pratiche di precarietà, liberalismo all'italiana e potere baronale. Aveva studenti e ricerca come sole priorità. Arrivavamo, impellenti di giustizia, ci ascoltava e sorrideva, raccontandoci un aneddoto, sempre tra il leggendario, la farsa e la verità. Grazie a lui una intera generazione di economisti disadattati si appassionò di sviluppo agricolo.

Mi chiamava Cantona. Per la discussione della tesi avevo un vestito gessato, la cravatta anni '70, una rosa sul petto ed un seguito di ritardatari e caciaroni. Convinse una commissione sbigottita che questo zingaro valeva 110, dando inizio a tre giornate di feste e prosecchi.

Poi ho ripreso a studiare, con il desiderio di continuare un percorso di ricerca iniziato con lui, per cercare di capire perché dietro il cibo c'è la storia del mondo, di popoli depredati dalle multinazionali, dei contadini che zappano la terra e tornano curvi a casa, delle belle contadine salentine con lo sguardo di fuoco diventate schiave e tarantolate in una struttura sociale che le annullava, di pazzi scriteriati che considerano il cibo come un qualsiasi strumento di business, violando i principi base della natura, nuocendo alla salute, ai contadini ed al mangiar bene.

Proprio mentre non potrai più andare nella tua stanzetta intrisa delle tue sigarette caro Mauro, mi dimetto po' dall'economia per scendere, anche io, nella miniera della conoscenza. Sono martoriato dal duende. Non ce la faccio più ad analizzare il mondo sotto prismi concettuali, piuttosto necessito di poesie, e mi accorgo di riuscire meglio a spiegarmi la terra per mezzo di parole immaginate.

Caro Mauro, a te, che nella miniera della conoscenza, che si sgretola con il cinismo dei baroni, sei voluto rimanere per salvare un briciolo di umanità in quel mondo di squali, offro l'ultimo rigatone

co 'a pajata. Ti saluto per l'ultima volta con  il tuo sorriso e la fottuta sigaretta in bocca  e con una canzone degli Ardecore, romanacci come te. “E nella notte un grido solleva i cuori, mamme son salvi tornano i minatori. Manca soltanto quello dal volto bruno, ma per salvare lui non c'è nessuno. Cielo di stelle cielo color del mare tu sei lo stesso cielo del mio casolare. Portami in sogno verso la patria mia portale un cuor che muore di nostalgia”. Con amore. Cantona.

 

Ardecore

Una idea bella, ennesimo cortocircuito interessante tra vecchio e avanguardia. Un manipolo di rockettari indefessi fa un passo indietro e dieci avanti. Riprende la tradizione geniale degli stornelli e canti romani e la soffrigge in un battuto di  rock'n'roll, garage punk e blues. Ne viene fuori una salsa tra i Birthday Party di Nick Cave e Tom Waits davanti a un piatto di la pajata sui Castelli. Dopo il bel successo del loro primo album è uscito da poco il nuovo album, ancora più bello, più maturo e ricco. La loro versione de “Il minatore” sta logorando il mio cuore da un po' di giorni.

 

Rigatoni co' a ' pajata

Ingredienti: 1 kg di pajata(parte dell'intestino di vitello, pulito e spellato), 400 gr di rigatoni, 1 bicchiere di vino bianco, 1/2 cipolla, 1 carota e sedano tritati finemente, 1 spicchio d'aglio, 500 gr di passato di pomodoro, 80 gr di pecorino romano grattugiato, 7-8 cucchiai di olio extravergine d'oliva, 1 cucchiaio di sale grosso, 1 peperoncino

Preparazione: Tagliate a pezzi di circa 10 cm il budello e legate le estremità con del filo. Scaldate l'olio in un tegame, versate la pajata, insieme a sale grosso, cipolla, peperoncino spezzettato, carota, sedano, aglio. Rosolate a fuoco basso, facendo attenzione che la pajata non si attacchi e aggiungete il vino. Coprite e cuocete per 10 minuti a fuoco sempre basso, poi riaprite il coperchio per evaporare il vino. Aggiungete il passato di pomodoro e cuocete per 2 ore, sempre a fuoco basso, mescolando di tanto in tanto. aggiungendo dell'acqua calda al bisogno e facendo sempre attenzione a non rompere le ciambelle, fino ad ottenere un sugo denso. Scolate la pasta al dente nel tegame del sugo. Ripassate 1 minuto a fuoco basso, aggiungendo il pecorino e mescolando per mantecare bene.

1 commento:

Anonimo ha detto...

papà parlava spesso di te....

scherzava sul tuo ricordargli cantona.....

grazie un saluto
tommaso